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Le smart cities sono davvero intelligenti? Nuove sfide tra e-governement e e-wast

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L’ultimo appellativo della città moderna, che rimbalza con sempre maggiore frequenza su siti, stampa e saggi di settore, sembra essere quello di “intelligente” (smart city, in lingua anglosassone).

Abbiamo avuto nel recente passato (solo per citarne alcune), città giardino, industriali, postmoderne; città a rete e città arcipelago; città verticali e a macchia d’olio; città nomadi e città dormitorio.

Oggi, grazie alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, è arrivato il tempo delle città intelligenti! Ogni amministratore avveduto non potrà infatti non cogliere l’opportunità di migliorare l’efficienza, la sostenibilità e l’accessibilità del proprio territorio amministrato, offerta da questi rivoluzionari strumenti.

Smart city: tecnologie al servizio della città (Fonte: sito IBM http://www-03.ibm.com/innovation/us/thesmartercity/index_flash.html)

Ma che cos’è una smart-city? Wikipidia la definisce “ un ambiente urbano in grado di agire attivamente per migliorare la qualità della vita dei propri cittadini (…) grazie anche all’impiego diffuso e innovativo delle ICT (Information and Communication Technology), in particolare nei campi della comunicazione, della mobilità e dell’efficienza energetica”.

L’idea è dunque quella di rendere le nostre città “digitali”, e quindi maggiormente integrate, innovative, aperte alla partecipazione, specialmente nei settori chiave quale ambiente, economia, mobilità, servizi.

Diversi sono i modi per raggiungere lo status di “città intelligente”. I principali sono il potenziamento dell’e-government (gestione digitalizzata dell’amministrazione pubblica, al fine di migliorarne l’efficienza, i servizi, la trasparenza, ecc…), e l’attivazione dell’e-participation, un modello di partecipazione on-line, capace di promuovere il dialogo tra cittadini e istituzioni, migliorando la comunicazione e l’accessibilità alle informazioni, e potenziando la discussione e il confronto su tematiche specifiche o previsioni attuative.

word cloud smart city jam

Per questi motivi si parla anche di wiki-città, di un tentativo cioè di mobilitare l’intelligenza delle comunità, per attuare modelli di governance collaborativa.

L’obiettivo sarebbe l’avvento di quella che Alberto Cottica ha definito wikicrazia, l’azione del governo ai tempi della rete (A.Cottica, Wikicrazia, Navarre ed. 2010): mettere cioè le capacità dei cittadini al servizio della comunità, attivando una “intelligenza collettiva” fatta della collaborazione e della creatività di migliaia di persone, con un valore complessivo maggiore della somma delle singole intelligenze.

Il progetto Wikitalia: “mobilitare l’intelligenza collettiva delle comunità civiche e incalanarla verso fini comuni” (http://www.wikitalia.it/)

L’orizzonte che si profila è certamente interessante: minori emissioni, qualità dell’ambiente, servizi efficienti, ampliamento degli spazi di partecipazione, trasparenza, responsabilizzazione dei cittadini, democrazia allargata.

Tutti elementi capaci probabilmente di produrre un cambiamento rivoluzionario del nostro ambiente urbano, pari almeno a quello dell’avvento dell’era industriale.

 Una smart city, però, ha bisogno dell’appoggio di una “smart community”, cioè di un insieme connesso di cittadini, associazioni, centri oprativi e di ricerca, ecc… capaci di interagire nella rete globale, mediante l’utilizzo di personal computer, smartphone, e dispositivi sempre nuovi, sempre più efficienti, di “ultima generazione”.

 Con l’avanzare della tecnologia, però, se da un lato aumenta il numero e il tipo di dispositivi elettronici disponibili, dall’altro cresce la quantità di strumenti obsoleti che necessitano di smaltimento.

La durata media di molti nuovi apparecchi elettronici (smartphone, tablet, ecc..) è infatti in continua diminuzione, a causa di una obsolescenza reale, dovuta al rapidissimo progresso tecnologico, ma anche di una obsolescenza percepita, indotta da produttori, pubblicità e mass media.

La discarica digitale (a collaboration between Infographic, GOOD and Column Five Media)

La crescita inarrestabile dell’e-waste, e l’assenza di una legislazione chiara ed efficace, induce  quindi molti paesi a preferire al riciclo e allo smaltimento (costoso e legale), l’invio nei paesi in via di sviluppo della crescente montagna di rifiuti elettronici (più economico e talvolta “irregolare”).

Attraverso il meccanismo della “donazione”, infatti, molti paesi produttori riescono ad aggirare la legislazione internazionale, e ad inviare nei paesi poveri montagne di materiale elettronico rotto o inutilizzabile.

Mentre dunque le nostre città diventano sempre più “intelligenti”, sane ed ecologiche,  in altre parti del mondo crescono i problemi ambientali e di salute collegati al non corretto smaltimento di rifiuti in parte tossici, e nascono schiere di nuovi schiavi (spesso bambini) addetti all’estrazione di metalli e componenti pregiate (come ha evidenziato nel 2010 il rapporto dell’UNEP - United Nations Environment Programme).

Africa, India e Cina sono i principali paesi nei quali finisce la nostra spazzatura digitale (http://hazards.org/images/h109recyclingpoisons.jpg)

Ma se il significato etimologico della parola intelligenza è la facoltà di “leggere dentro” ovvero di “leggere oltre la superficie”, impossibile pensare di applicarla ad una realtà incapace di cogliere le relazioni tra le cose, di vedere i rapporti di causa-effetto, di comprendere l’insostenibilità globale del proprio agire.

Se le nostre città vorranno definirsi davvero intelligenti, non potranno dunque fermarsi all’attuale livello di autoreferenzialità, continuando ad ignorare l’immenso debito ecologico che abbiamo con il Sud del mondo.

E nemmeno potranno porsi passivamente come il territorio di conquista di abili venditori di sogni, ma dovranno fare lo sforzo di costruire strategie e visioni nuove,   che nessuno strumento, per quanto moderno e intelligente, può regalare.

Gli smart citizens, infine, dovranno farsi carico della propria responsabilità personale riguardo al ricambio ossessivo dei dispositivi elettronici, imparando a liberarsi dai diktat del mercato e della pubblicità, e riscoprendo il significato dei termini riciclo e riuso, fondamentali per affiancare al concetto di intelligenza quelli di giustizia e di uguaglianza.

Altrimenti cambiamo aggettivo, e chiamiamole città miopi.



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